Epic fail (è tutta colpa del smm)

Febbraio 23, 2021

Se siete iscritti su qualche piattaforma social, se possedete una tv o anche solo se ascoltate la radio vi sarà capitato di sentir parlare di “epic fail” della comunicazione. 
In genere con questi termini si identificano delle gaffe, più o meno gravi, fatte da aziende nella loro comunicazione soprattutto digitale.
Per fare qualche esempio che non può esservi sfuggito negli ultimi anni possiamo citare:

Dolce e Gabbana ci insegnano come inimicarsi l’intero popolo cinese

Era la fine del 2018 quando la casa di moda nostrana veniva coinvolta in uno dei più grandi fail che la storia del fashion ricordi.
Dolce e Gabbana gira uno spot per i social dove si vede una modella cinese che tenta di mangiare un cannolo siciliano con le bacchette. Una voce fuori campo allude al fatto che il cannolo sia troppo grande da maneggiare, per qualcuno non abituato a quella dimensione. I cinesi non prendono molto bene questa battuta.
La gestione della crisi scaturita da questo spot è stata anche peggiore tanto da portare a boicottaggi, cancellazione dello show di Shangai e video di scuse ufficiali da parte dei due stilisti.

Il Fertility Day del Ministero della Salute 

Tralasciando il nome non proprio felice scelto per la campagna del 2016, il Ministero pubblica un opuscolo che contiene indicazioni sugli stili corretti di vita da adottare per prevenire l’infertilità. Il copy e le grafiche discutibili hanno urtato la sensibilità di molte persone e scatenato grande ilarità sui social. 

Il Natale sessista di Pandora

È il 2017 quando in varie città italiane, nel periodo pre natalizio, compaiono dei grandi cartelloni pubblicitari che suggeriscono al target maschile di Pandora cosa regalare per le feste alle loro mogli e compagne. Non ferri da stiro e pigiami ma un bel gioiello. Non c’è bisogno di aggiungere altro e le reazioni del pubblico femminile a questa campagna non ci hanno stupito.

Lamborghini e la lolita palermitana

Un fail fresco fresco dello scorso anno per la casa automobilistica Lamborghini che, per un progetto pubblicitario, realizza degli scatti fotografici a Palermo. Questi, che hanno per soggetto giovanissime ragazze in abiti succinti e atteggiamenti ammiccanti, scatenano l’indignazione sui social e la messa alla gogna della fotografa Letizia Battaglia.

In ognuno di questi casi la responsabilità degli errori è stata attribuita ad un solo soggetto; da professionisti che lavorano nel campo da anni, vi possiamo assicurare che le cose non stanno mai così. 

esempi di epic fail

COME NASCE UN POST?

Per pubblicare qualsiasi tipo di contenuto online c’è bisogno di almeno 3 attività imprescindibili:

1- Scrittura del copy

2- Realizzazione del visual (immagine, video etc)

3- Pubblicazione 

Queste tre attività vengono in genere svolte da una figura professionale, il social media manager, che lavora per un committente. 

Già adesso si intuisce quindi che ci sono almeno due figure coinvolte: il committente e il fornitore. Se poi le attività di copywriting, visual etc vengono realizzate da persone diverse, ecco che arriviamo ad un numero ben maggiore di figure coinvolte.

Nelle realtà aziendali molto strutturate esistono i reparti marketing e una serie di persone che svolgono ruoli di controllo in qualche punto del processo.
All’altro estremo troviamo invece le micro-imprese in cui la gestione della comunicazione è in mano al proprietario stesso dell’attività.

Le grandi aziende e gli epic fail

Quando anni fa abbiamo lavorato per una grossa azienda della GDO, ogni contenuto prodotto doveva passare 3 livelli di revisione. 

Il social media manager produceva copy e grafiche e pianificava la pubblicazione ed un supervisore interno all’agenzia (lo strategist nel nostro caso) controllava il lavoro svolto. Dopo ciò c’erano altre due figure, questa volta interne all’azienda committente, che verificavano a loro volta e davano l’approvazione definitiva.

In occasione di progetti particolari intervenivano anche altre figure come l’account, l’art director, altri manager dell’azienda addetti a settori particolari.

Tutto ciò per dire che la catena di controllo può essere davvero molto complessa.

Prendiamo in esame uno dei casi di cui abbiamo parlato all’inizio dell’articolo, come la campagna pubblicitaria di Lamborghini.

Di certo la fotografa non ha scattato le foto in segreto per poi pubblicarle a tradimento sui canali social dell’azienda (sicuramente non aveva nemmeno accesso a quegli account).
Altrettanto sicuramente la fotografa avrà sottoposto gli scatti realizzati a qualcuno all’interno dell’azienda, che li ha approvati e ritenuti idonei alla pubblicazione. Solo a quel punto sarà entrato in gioco il SMM o l’agenzia che gestisce i social di Lamborghini, che ha pubblicato il contenuto online.

Non possiamo sapere quante persone siano state effettivamente coinvolte in tutta questa storia, ma difficilmente sono state meno di una decina.

Quando è scoppiata la polemica sui social, quasi tutti gli attacchi si sono focalizzati sulla fotografa e i vertici dell’azienda non hanno speso molte parole per difenderla. Eppure avrebbero potuto fermare la palla di neve in vari momenti, prima che diventasse una valanga.

Lo stesso ragionamento vale per tutti i casi in cui si verifica un “epic fail”. Ci sono sempre tante persone coinvolte, dubbi inespressi, mancanza di professionalità e poca voglia di assumersi le responsabilità di un errore. Si finisce sempre per additare un unico colpevole che viene sacrificato per l’occasione.

I più gettonati sono: l’agenzia pubblicitaria inetta, il social media manager cane o il “lohacker kattivo”.

social media manager sacrificato

E nelle piccole imprese come funziona?

Anche in questo caso ( ed in tutti i casi in cui la gestione dei social è in mano ad una figura esterna all’azienda) sicuramente esiste una persona che deve o dovrebbe verificare ed approvare tutto ciò che va pubblicato.
Anche il titolare di una micro-impresa come una pizzeria si accorda sul tipo di contenuti da produrre e veicolare sui canali social. Le uniche eventualità in cui non c’è alcuna supervisione sui contenuti pubblicati sono:

1- quella in cui è lo stesso proprietario dell’attività a gestire i propri social. Internalizzare il processo per risparmiare sembra a molti un’ottima soluzione, finché non ci si deve confrontare con strumenti che non si conoscono. Lì iniziano i dolori;

2- il proprietario dell’attività “appalta” la gestione dei social a qualcuno, solitamente un nipote/cugino smanettone o persone di dubbia professionalità ma estremamente convenienti. In genere in questo caso il proprietario si disinteressa completamente della questione dopo aver ceduto alla pressione sociale di dover avere una pagina Facebook – Instagram – Inserisci social a caso. Si sveglia solo in caso di danno già fatto o su segnalazione di qualche amico o parente.

COME SI EVITA UN EPIC FAIL

Avere una micro-impresa non mette al riparo da questi pericoli, anche se l’azienda è piccola il fail sarà “epico” in proporzione. Per non correre rischi potete prendere alcune precauzioni.

  • Accordatevi, anche a livello generale, sul tipo di contenuti che saranno pubblicati.
  • Soprattutto all’inizio controllate il materiale prima della pubblicazione. Vi assicuriamo che basta mezz’ora a settimana e se il professionista non è in grado di mettervi a disposizione i contenuti almeno 7 giorni prima della pubblicazione cambiate social media manager.
  • Diffidate di chi vi propone prezzi troppo bassi (comprereste uno champagne al prezzo di 3,20 €?)
  • Se volete gestire i social in autonomia prima cercate di formarvi almeno sulle basi, Google e Facebook offrono corsi gratuiti.
  • Chiedetevi sempre come reagirà chi vi legge. Non è detto che tutti capiscano il vostro umorismo.

Soprattutto imparate dagli epic fail degli altri, anche quelli di brand molto grandi e noti. Altrimenti potreste finire in questa gallery degli orrori…

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